Purgatorio, XV, 16-24
a quel che scende, e tanto si diparte
dal cader de la pietra in igual tratta,
sì come mostra esperienza e arte;
così mi parve da luce rifratta
quivi dinanzi a me esser percosso;
per che a fuggir la mia vista fu ratta.
Come quando dall'acqua o da uno specchio un raggio rimbalza verso la parte opposta, risalendo allo stesso modo
di com'era disceso, e si allontana dalla perpendicolare per un tratto uguale, così come dimostrano l'esperienza e la scienza;
così mi sembrò di essere colpito da una luce riflessa proprio davanti a me; per cui la mia vista fu pronta a sfuggirne.
Siamo nel Purgatorio, al passaggio tra la seconda e la terza Cornice, in un canto che presenta alcune difficoltà, per il contenuto in gran parte didascalico, intessuto, non solo nei versi citati, di riflessioni scientifiche e considerazioni filosofiche. Il poeta procede, accompagnato da Virgilio, verso Occidente e la luce del sole cadente gli batte sul volto; ma ad un tratto una nuova luce, decisamente più abbagliante, si aggiunge: è la luce che proviene dall'angelo della mansuetudine che si fa incontro ai pellegrini per farli salire al girone superiore. La luce è così intensa che non è sufficiente schermarsi gli occhi con le mani, occorre girare la vista da un'altra parte.
Il riferimento presente in questi versi è del tutto evidente: la legge della riflessione, secondo cui l'angolo tra il raggio incidente e la normale (il cader della pietra) è uguale a quello tra la normale e il raggio riflesso. Probabilmente Dante, anche se non ne parla direttamente, ha qui anche in mente la riflessione tramite uno specchio curvo, che riesce a concentrare la luce riflessa, aumentandone la luminosità tanto da rendere difficile il guardarla. Del resto questo fenomeno era ben noto fin dall'antichità (si pensi ai famosi specchi ustori di Archimede).
Molto dettagliata e minuziosa la spiegazione di Dante del fenomeno della riflessione (addirittura due intere terzine); a taluni questa minuziosità è sembrata addirittura oziosa. Tra le tante spiegazioni possibili citiamo quella presente nel testo di Umberto Bosco e Giovanni Reggio, sostanzialmente ripresa dal Salsano: "Dante include nei propri orizzonti anche il paesaggio meraviglioso delle leggi che regolano i fenomeni e che sembrano essere l'anima nascosta del mondo. Egli gode nello scoprire particolari che svelano inaspettate armonie; in questa uguaglianza dei due angoli vede una meravigliosa testimonianza dell'armonia dell'universo, cioè un segno della presenza di Dio: «Le cose tutte quante hanno ordine tra loro e questo è forma che l'universo a Dio fa simigliante» (Paradiso I, 103-105)".
Da ricordare comunque anche l'opinione di Sapegno:
Cenni alla riflessione sono sparsi un po' dappertutto nella Commedia. Citiamo solo alcuni dei più significativi.
Paradiso, I, 49-53
E come il raggio riflesso è determinato solitamente dal raggio incidente, e ritorna alla sorgente come un pellegrino che voglia tornare [come un falco pellegrino che risale dopo essere piombato sulla preda],
così da questo gesto di Beatrice, entrato nella mia facoltà immaginativa attraverso gli occhi, derivò il mio sguardo e fissai gli occhi nel Sole in modo non consentito alle capacità umane.
così de l'atto suo, per li occhi infuso
ne l'imagine mia, il mio si fece,
e fissi li occhi al sole oltre nostr'uso.
Siamo all'inizio della terza cantica: Dante è in volo con Beatrice verso il Cielo della Luna e in queste terzine racconta come egli riuscì a fissare il Sole, cosa non consentita alle ordinarie capacità umane.
Dante cita anche il fenomeno del parziale assorbimento della luce, collegato alla riflessione.
Paradiso, XII, 1-9
Appena quella luce benedetta [San Tommaso] cessò di dire l'ultima parola,, la santa Corona ricominciò a ruotare;
e non aveva compiuto tutto un giro quando un'altra la rinchiuse in Cerchio adeguando moto a moto, canto a canto;
canto che in quelle dolci trombe è tanto superiore a quello della nostra Poesia e delle nostre musiche, quanto il primo raggio a quello riflesso.
e nel suo giro tutta non si volse
prima ch'un'altra di cerchio la chiuse,
e moto a moto e canto a canto colse;
canto che tanto vince nostre muse,
nostre serene in quelle dolci tube,
quanto primo splendor quel ch'e' refuse.
Siamo nel Cielo del Sole e San Tommaso ha appena terminato il suo lungo discorso, con un solenne biasimo ai Domenicani corrotti. Dante utilizza il noto fenomeno del parziale assorbimento della luce in una riflessione per evidenziare che la musica e la poesia terrene sono solo un pallido riflesso delle armonie celesti
Paradiso, II, 85-105
Se dunque questa rarefazione non passa da parte a parte, ci deve necessariamente essere un limite oltre il quale il contrario (della rarefazione) non lascia più passare;
e di lì il raggio del Sole si riflette così come i colori tornano indietro da un vetro che dietro di sé nasconda il piombo.
Ora tu dirai che il raggio in certi punti appare più scuro che in altre parti perché viene riflesso da più indietro.
Da questa obiezione può liberarti un esperimento, se una volta o l'altra tu lo vorrai provare, che è come una sorgente da cui traggono vita e vigore le vostre arti (le scienze umane).
Dovrai prendere tre specchi; due li porrai alla stessa distanza da te, e l'altro, più lontano, incontrerà il tuo sguardo in mezzo agli altri due.
Rivolto verso di essi, fa' in modo che alle tue spalle ti stia un lume che illumini i tre specchi e ritorni a te riflesso da tutti.
Benché l'immagine del lume nello specchio più lontano non si estenda tanto in grandezza, vedrai però che risplenderà ugualmente.
e indi l'altrui raggio si rifonde
così come color torna per vetro
lo qual di retro a sé piombo nasconde.
Or tu dirai ch'el si dimostra tetro
ivi lo raggio più che in altre parti,
per esser lì refratto più a retro
Da questa instanza può deliberarti
esperienza, se già mai la provi,
ch'esser suol fonte ai rivi di vostr'arti.
Tre specchi prenderai; e i due rimovi
da te d'un modo, e l'altro, più
rimosso,
tr'ambo li primi li occhi tuoi ritrovi.
Rivolto ad essi, fa che dopo il dosso
ti stea un lume che i tre specchi accenda
e torni a te da tutti ripercosso.
Ben che nel quanto tanto non si stenda
la vista più lontana, lì vedrai
come convien ch'igualmente risplenda.
Abbastanza strano, e quindi degno di nota, questo pressante invito all'esperimento e alle osservazioni suggerite dagli esperimenti. La cultura medioevale era in genere astratta e deduttiva e dava solo importanza molto marginale agli esperimenti: tutto veniva fatto discendere dall'alto e la verità era accettata come dato rivelato e non confutabile. Si deve comunque ricordare che il concetto che l'esperienza è fondamento delle arti umane risale ad Aristotele e per questo il modo di argomentare per experimenta non è estraneo al metodo della scolastica: forse in questo contesto l'esortazione di Dante è più comprensibile.
Purgatorio, XXIX, 67-69
L'acqua [del Letè] si accendeva alla mia sinistra e mi rimandava anche, se vi guardavo dentro, l'immagine del mio lato sinistro come uno specchio.
Paradiso, XVII, 121-126
La luce in cui ardeva la gemma di Cacciaguida si mise prima a lampeggiare come una lamina d'oro investita da un raggio di Sole,
poi mi rispose: "Le coscienze turbate e vergognose per colpa propria o dei congiunti é giusto che si risentano per le tue parole dure.
indi rispuose: "Coscienza fusca
o de la propria o de l'altrui vergogna
pur sentirà la tua parola brusca.
Convivio III, VII, 10
Il riferimento è qui, evidente, al fatto che, detto in termini moderni, l'immagine prodotta da uno specchio è virtuale e non reale.
Non poteva mancare, in una discussione sulla riflessione, un riferimento a Giacomo Leopardi, che tratta estesamente della luce in Dissertazioni filosofiche III, Dissertazioni fisiche, Dissertazione sopra la luce. Riportiamo qui solo la parte concernente la riflessione, con qualche cenno, di notevole interesse, alla dottrina dei colori.