Consideriamo un corpo P appoggiato sopra una superficie S (che supporremo piana per semplicità), e indichiamo con N la forza normale che preme P su S. In molti casi di interesse pratico questa forza è la componente del peso perpendicolare alla superficie di appoggio, ma possono anche presentarsi situazioni diverse, come un agente esterno che preme sul corpo. In una vasta classe di situazioni, di grande interesse pratico, le interazioni tra il corpo appoggiato e la superficie di appoggio, molto complesse se esaminate da un punto di vista microscopico, possono essere schematizzate in maniera abbastanza semplice, seppure solo in prima approssimazione. Se, come supporremo, il corpo non può penetrare nella superficie, questa interazione ha una prima componente esattamente opposta ad N (la chiameremo reazione normale) e una seconda componente tangente ad S (con verso tale da "ostacolare il moto") ed è questa componente che chiameremo attrito.
Le leggi dell'attrito forniscono un legame tra la componente tangente della interazione tra P ed S (che abbiamo, appunto, chiamato attrito) e l'ambiente circostante, cioè le caratteristiche di P ed S, ed in particolare delle superfici di contatto.
Si verifica sperimentalmente che la situazione risulta essere diversa nel caso di moto relativo tra P ed S rispetto al caso di quiete tra P ed S. Il primo caso costituisce il cosiddetto attrito dinamico, il secondo il cosiddetto attrito statico. Ci occuperemo per prima dell'attrito statico.
La legge dell'attrito statico esprime la massima forza di attrito esercitabile tra due superfici asciutte non lubrificate e soddisfa le seguente leggi empiriche:
Queste leggi empiriche possono essere compendiate nella formula:
,
dove As rappresenta l'attrito statico e ks il coefficiente di attrito statico.
E' molto importante il fatto che la legge dell'attrito statico non è un'equazione, cioè non fornisce direttamente il modulo della forza di attrito effettivamente esercitata: è invece una disequazione, da cui si può unicamente ricavare il modulo della massima forza esercitabile nelle condizioni date. Per determinare il valore effettivo della forza di attrito occorrerà utilizzare l'equazione della dinamica (con accelerazione nulla!).
Si noti che l'attrito si manifesta solo se sollecitato, cioè solo se esistono forze che tendono a far muovere una superficie rispetto all'altra. Si consideri, per esempio, il corpo P appoggiato su un piano orizzontale S, nell'ipotesi che l'unica forza esterna agente sia il peso, W, di P. Allora il piano di appoggio reagirà con una forza, R, perpendicolare al piano stesso, esattamente come se non ci fosse alcun attrito. Si osservi che la legge dell'attrito statico è verificata, in quanto .
Esaminiamo ora una situazione comune nelle applicazioni: il corpo P è appoggiato su un piano S, inclinato di un angolo θ, rispetto all'orizzontale e sottoposto solo all'azione della forza peso. Il corpo è sollecitato a muoversi dalla componente del peso parallela al piano inclinato: . Dunque l'attrito è sollecitato e, se consentito dalla legge dell'attrito statico, impedirà il moto del corpo. In caso contrario il corpo si muoverà verso il basso e le considerazioni relative al caso statico non saranno più valide. In sostanza se il corpo rimane fermo significa che l'attrito è in grado di bilanciare esattamente la componente parallela del peso, per cui l'attrito stesso avrà modulo ; se invece il corpo si mette in moto significa che la componente parallela del peso è, in modulo, più grande del massimo attrito possibile, e allora non riuscirà ad impedire il moto.
E' chiaro che più grande è l'inclinazione del piano, minore sarà il massimo attrito possibile, perché all'aumentare dell'inclinazione diminuisce la componente perpendicolare del peso (in quanto contiene il coseno dell'angolo) e il massimo attrito possibile è proporzionale a questa componente; per contro all'aumentare dell'inclinazione del piano aumenta la componente parallela del peso (in quanto contiene il seno dell'angolo). E' allora evidente che il massimo angolo, diciamolo σ, che consente l'equilibrio è quello per cui , ovvero tgσ = ks. Questa osservazione consente una semplice determinazione sperimentale di ks: basta appoggiare un corpo su un piano e inclinare il piano fin tanto che il corpo comincia a muoversi; la tangente dell'angolo per cui inizia il movimento è il coefficiente di attrito statico cercato.
Si osservi anche che, siccome all'aumentare dell'inclinazione aumenta la componente parallela del peso, aumenta anche l'attrito effettivamente esercitato (che è, appunto, opposto a questa componente del peso), fin quando si raggiunge il massimo angolo, σ, che consente l'equilibrio: a questo punto occorre considerare la situazione di attrito dinamico. Si vedano le due figure qui sotto.
Puoi vedere un'animazione con Cabri relativa a questa situazione.