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Riemann

Nessuna presentazione che riguardi i numeri primi può evitare di parlare dell'Ipotesi di Riemann, entrata ufficialmente a far parte dei grandi problemi della matematica da quando Hilbert la inserì, all'ottavo posto, tra i suoi famosi ventitré problemi, nell'agosto del 1900, al Congresso internazionale dei matematici. L'ipotesi è rimasta tale, cioè senza dimostrazione, per tutto il ventesimo secolo ed è ora considerata tra i più difficili problemi del nuovo millennio. Nel 2000 il Clay Mathematics Institute ha offerto un premio di un milione di dollari a chi riuscirà a provarla. L'ipotesi non può essere dimostrata con un computer, ma un computer potrebbe riuscire a dimostrarne la falsità, fornendo un controesempio; ebbene, curiosamente, il citato Clay Institute non ha offerto alcun premio per chi riuscisse, mediante un calcolatore, a provare la falsità dell'ipotesi.

Purtroppo non è possibile presentare in termini semplici l'ipotesi di Riemann, ma si può almeno arrivare a comprenderne le linee essenziali, con qualche nozione elementare sulle serie e sulle funzioni di variabile complessa. E' quanto tenteremo di fare in questa pagina.

Pitagora, lavorando sul monocordo, si era accorto che se una corda di una certa lunghezza, l, produce un suono, la corda di lunghezza 1/2 produce un suono che viene percepito in maniera quasi identica dall'orecchio, salvo che è più acuto. La stessa cosa succedeva per le corde lunghe 1/4, 1/8 di quella originale: il suono manteneva le stesse caratteristiche, con un altezza via via crescente. Ma anche le corde con lunghezza 1/3, 1/5, 1/6, ..., producevano suoni in armonia con il suono principale, anche se apparivano nettamente distinti. In termini moderni, se la corda produce un DO, le frazioni di corde successive (1/2, 1/3, 1/4, 1/5, 1/6, ...) producono, rispettivamente, un DO (all'ottava superiore), un SOL, un DO (all'ottava ancora superiore), un MI, un SOL (all'ottava superiore del precedente, in quanto 1/6 è la metà di 1/3), e così via. La cosa sorprendente è che le corde percosse non producono solo il suono corrispondente alla loro intera lunghezza (suono fondamentale), ma anche quelli corrispondenti alle lunghezze 1/2, 1/3, 1/4, 1/5, 1/6, ..., (armoniche) anche se poi la particolare forma dello strumento che sostiene la corda è in grado di esaltarne alcuni e sopprimerne quasi completamente altri: è proprio la diversa "composizione" di un suono in termini di armonici che determina (anche se non da sola) il timbro di uno strumento musicale. Da quel momento l'interesse dei matematici per le somme dei reciproci dei numeri naturali 1+1/2+1/3+1/4+... non è più cessato. Quando la somma contiene tutti i termini possibili, si parla più propriamente di serie e il legame con la musica è tanto importante che la somma img prende il nome di serie armonica. Come è ben noto tale serie diverge a +∞ e la cosa era nota ai matematici fin dal XIV secolo: benché l'aggiunta di nuovi termini alla somma 1+1/2+1/3+1/4+...faccia crescere di poco (anzi quasi per nulla per grandi numeri) il suo valore, essa inesorabilmente esplode andandosene all'infinito.

Per un matematico è naturale chiedersi che cosa succede quando la serie armonica viene "generalizzata". Il primo modo di generalizzare è quello di considerare le somme img, per s reale qualunque. Non è difficile provare che tali serie convergono per s>1. Questo ci permette di definire una funzione, avente dominio i reali  maggiori di 1, e indicata con ζ: img. La variabile è indicata con s in omaggio a Riemann che usò questo simbolo. La funzione si chiama funzione zeta. Eulero riuscì a calcolare esplicitamente i valori di ζ(2k), per k da 1 a 13. Alcuni valori sono riportati qui di seguito: img.  Il calcolo per valori dispari di s è molto più difficile; per esempio recentemente è stato provato che ζ(3) è irrazionale, ma ancora non si sa se sia trascendente. In ogni caso si può provare che la funzione zeta è continua e indefinitamente derivabile nel proprio dominio. Inoltre si ha che img.

Quest'ultimo fatto può essere anche utilizzato per una dimostrazione, indipendente da quella di Euclide, dell'infinità dei numeri primi. Ma che interesse può mai avere la funzione zeta in relazione ai numeri primi? Il fatto è che lo stesso Eulero riuscì a provare la seguente formula: img, dove compaiono tutti e soli i numeri primi. La dimostrazione non è semplice ed esula dagli scopi di queste pagine, ma si fonda essenzialmente sul fatto che ogni numero è scomponibile in un prodotto di primi (gira e volta si finisce sempre lì!).

La funzione zeta ha, già per valori interi di s, molte applicazioni interessanti. Per esempio si dimostra che la probabilità che due numeri interi, scelti a caso, non abbiano alcun fattore comune è 1/ζ(2). La sua importanza in matematica è però esplosa quando è entrata negli interessi di Riemann, che ha pensato bene di "prolungarla" su tutto il campo dei numeri complessi. La teoria delle funzioni olomorfe di variabile complessa impone delle strade quasi obbligate per l'ampliamento del dominio delle funzioni. Come tutti ben sanno, nello studio di una funzione giocano un ruolo cruciale gli zeri, cioè i punti dove le funzioni si annullano. La cosa interessante è che la funzione zeta così prolungata (detta, ovviamente, funzione zeta di Riemann), la quale risulta definita su tutto l'insieme dei numeri complessi tranne il punto (1,0), ha una serie di zeri, detti zeri banali di ζ, nei punti (-2,0), (-4,0), (-6,0), ecc., oltre ad altri zeri che hanno una parte reale compresa tra 0 ed 1. Ebbene l'ipotesi di Riemann afferma che tutti gli zeri non banali della funzione zeta hanno parte reale ½, ovvero stanno sulla retta di equazione x=½, detta retta critica. Dalla validità di questa ipotesi discende una serie enorme di proprietà sui numeri primi, non ultima, forse, la possibilità di trovare un criterio per scomporre un numero in fattori primi molto più rapido di quelli attuali: se così fosse gli attuali sistemi di crittografia a chiave pubblica andrebbero a farsi benedire (in effetti gli studi sulla ipotesi di Riemann sono accuratamente tenuti d'occhio dalle competenti autorità). Ci sono, allo stato attuale, centinaia di "quasi teoremi" che iniziano con "Supponiamo che l'ipotesi di Riemann sia vera...". Se l'ipotesi venisse dimostrata, tutti questi "quasi teoremi" diventerebbero veri teoremi...

Utilizzando anche i computer è già stato provato che i primi 1012 zeri cadono sulla retta critica, ma ovviamente questo non serve a nulla: basterebbe trovarne uno, anche molto lontano, che non cade su questa retta per invalidare l'ipotesi. E' qui che i computer manifestano tutti i propri limiti: possono fare calcoli veloci, giungendo a soglie che nessun essere umano potrebbe raggiungere, ma non potranno mai (almeno per ora!) eseguire un ragionamento teorico, nemmeno simile a quello molto semplice (?!) che portò Euclide, quasi 2500 anni fa, a concludere che i numeri primi sono infiniti.

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pagina pubblicata il 30/08/2004 - ultimo aggiornamento il 30/08/2004