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La scuola dei somari

di Giorgio Chiosso
 La Stampa, 6-10-2003

Questo articolo è riprodotto quasi integralmente per gentile concessione dell'autore

I quotidiani hanno dato un certo risalto la secondo Rapporto sullo stato di salute della nostra scuola, ... il PP2. La scuola italiana non ne esce bene e purtroppo vengono confermate le carenze già documentate dall'indagine "Pisa 2000" dell'Ocse. Anche se si tratta di una rilevazione parziale e compiuta su base non obbligatoria (sono state comunque coinvolte 7600 scuole su poco meno di 11 mila, dunque un campione più che indicativo) e anche se i risultati statistici vanno sempre presi con doverosa prudenza, i risultati sono sconfortanti. Gli esiti, discreti nella scuola elementare, appena sufficienti nei licei e scadenti nella scuola media e a livello dell'istruzione professionale, sono indice di una scuola di scarsa qualità. I livelli di comprensione della lettura sono mediocri e questo fatto pregiudica i risultati anche in altre discipline. La grammatica e l'analisi logica danno problemi, la carenza nelle materie scientifiche è profonda e negli stessi licei scientifici esistono vistose lacune proprio nelle materie caratterizzanti. Per fortuna - e contrariamente a quanto di solito si pensa - dal Rapporto emerge un sistema scolastico nazionale abbastanza omogeneo. I dati non rivelano differenze vistose né tra Nord e Sud e neppure tra maschi e femmine. La mediocrità, insomma, appare equamente diffusa.

In un paese serio questo genere di risultati aprirebbe subito un grande dibattito come è accaduto, ad esempio, in altri paesi europei in situazioni analoghe. Da noi, invece, è facile prevedere un silenzio tombale. Se si vuole garantire la qualità adeguata delle conoscenze non basta fermarsi a criticare la riforma - prima quella del centro-sinistra, adesso quella del ministro Moratti - ma occorre chiedersi tutti insieme, se possibile (governo e opposizione, sindacati, associazioni professionali) dove sono i punti deboli del sistema e lavorare per ovviarvi. Bisogna avere il coraggio di farsi domande che "fanno male" e che nessuno tira fuori perché ha paura di perdere consensi.

Provo a farne qualcuna: gli insegnanti sono scarsamente preparati? I metodi didattici sono obsoleti o inadeguati? Le scuole sono male attrezzate e non funzionano sul piano organizzativo? Le famiglie si disinteressano dei figli? Non c'é consuetudine nelle scuole ad autovalutare il lavoro collettivo? Gli organici dei docenti sono male assortiti (e troppo tagliati)? Maestri e professori sono demotivati perché mal pagati? I dirigenti non sono all'altezza dei loro compiti? Si è esagerato con la cultura dello "star bene a scuola" a scapito degli apprendimenti?

L'autonomia è una grande risorsa, ma bisogna farla funzionare bene. Non basta moltiplicare le attività motorie e sportive per richiamare iscritti, far interagire la scuola col territorio per far contenti gli amministratori locali e inventarsi fantasiosi laboratori per essere à la page, bisogna avere la santa pazienza di fare in modo che siano acquisite le conoscenze basilari proprie di ciascun segmento scolastico. A suola si va certo, come dicono i ragazzi, per "stare insieme", ma anche per imparare.

Giorgio Chiosso è Vicepreside della Facoltà di Scienze della Formazione, Università di Torino.

pagina pubblicata il 01/11/2003 - ultimo aggiornamento il 01/11/2003