Paradiso, XXVIII, 88-93
E poi che le parole sue restaro,
non altrimenti ferro disfavilla
che bolle, come i cerchi sfavillaro.
L'incendio suo seguiva ogne scintilla;
ed eran tante, che 'l numero loro
più che 'l doppiar de li scacchi s'inmilla.
E quando le sue parole cessarono, i Cori Angelici sfavillarono, non diversamente da come sfavilla un ferro incandescente.
Ogni Spirito Angelico rimaneva nel suo cerchio, ed erano tanti che il loro numero ascende a molte migliaia, ancora più che il numero che si ottiene raddoppiando via via le caselle del gioco degli scacchi.
Ci troviamo nel canto XXVIII del Paradiso, uno dei canti "difficili": qui Dante tratta la complessa questione della presenza e funzione degli Spiriti Angelici, tanto dibattuta dai teologi medioevali. I nove ordini angelici si presentano sotto forma di cerchi di fuoco concentrici che ruotano con velocità tanto minore quanto più sono distanti dal centro, il punto luminosissimo in cui è rappresentato Dio. Il luogo è il Primo Mobile o Cielo Cristallino.
La parte dei versi citati che ci interessa tratta la questione del numero degli angeli. Dante ne aveva già discusso nel Convivio (II, V, 5): "Per che manifesto è a noi quelle creature essere in lunghissimo numero: per che la sua sposa e secretaria Santa Ecclesia - de la quale dice Salomone: «Chi è questa che ascende del disierto, piena di quelle cose che dilettano, appoggiata sopra l'amico suo?» - dice, crede e predica quelle nobilissime creature quasi innunerabili". Anche S.Tommaso nella Summa Theologica (I, q. CXII, 4) afferma: «multitudo angelorum trascendit omnem materialem multitudinem». Naturalmente sono poi numerosissimi i passi della Bibbia dove l'argomento è affrontato negli stessi termini. Il paragone utilizzato è particolarmente significativo: il numero cui si fa cenno è straordinariamente grande.
"s'inmilla": uno dei tanti neologismi coniati da Dante a partire dai numeri naturali. Si possono ricordare anche: "s'addua" (Par, VII, 6); "s'incinqua" (Par, IX, 40); "s'intrea" (Par, XIII, 57).
L'episodio a cui fa riferimento Dante in questi versi è tratto da una leggenda orientale secondo la quale l'inventore degli scacchi chiese al re di Persia, in premio della sua invenzione, un chicco di grano per la prima casellina della scacchiera, due per la seconda, quattro per la terza, e così via: il re, dopo aver accettato con un sorriso di scherno la richiesta, si rese conto che nemmeno tutti i granai del suo regno sarebbero bastati ad accontentare la richiesta!