Derivate e notazioni
Le notazioni hanno un ruolo cruciale nella matematica e spesso
sono causa di ritardi o accelerazioni nello sviluppo delle
teorie. Basta pensare alla scrittura dei numeri: eseguire una
somma tra CMLXXXIV e CDXXVII è molto più difficile
che non tra 984 e 427!. Questo discorso si applica anche alle
derivate. Senza entrare troppo nei dettagli (si potrebbe
scrivere un intero libro su questo argomento!) segnaliamo le
cose essenziali.
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La notazione f' per la derivata di una funzione
f è stata introdotta da Lagrange e mette
l'accento sul fatto che f' è una
nuova funzione, dedotta da f per mezzo della
derivazione. Il valore di questa nuova funzione in un punto
x, f'(x), rappresenta la derivata in
quel punto, cioè il coefficiente angolare della
tangente al grafico della funzione nel punto
(x,f(x)). Se, per esempio, f=sin, si
ha f'=cos. Si dovrebbe scrivere (sin)'=cos
e, in un punto x,
(sin)'(x)=cosx, ma quasi sempre si
scrive, anche se in maniera leggermente impropria,
(sinx)'=cosx, scrittura che diventa
particolarmente utile quando non si dispone di un simbolo
speciale per la funzione:
(x2)'=2x. Bisogna comunque
tenere presente che l'operazione di derivazione si
applica alla funzione (in questo caso la funzione elevamento
al quadrato) e non al valore
x2.
Siccome f' è una nuova funzione,
se ne potrà cercare la derivata che, se esiste,
sarà naturalmente indicata con f'', e
così via: f''',
f(4), ...f(n) (quando
si usano i numeri arabi o le lettere si mettono tra parentesi
per evitare confusione con le potenze). Poiché la
funzione f è spesso scritta con la notazione
y=f(x), si usano anche le scritture y',
y'', ecc. Newton usava
e
al posto di y' e
y'', e molti usano ancora i suoi puntini, in
particolare i fisici quando parlano di derivata e
accelerazione.
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Non molto diversa è l'altra notazione che abbiamo
proposto: Df. Questa notazione è oggi
largamente utilizzata e mette in luce il fatto che la
derivazione può essere considerata come un operatore
(indicato con D) che ad ogni funzione derivabile fa
corrispondere un'altra funzione. Anche qui si usano
spesso notazioni un po' ibride. Per esempio da
Dsin=cos, si dovrebbe dedurre
(Dsin)(x)=cos(x), ma si scrive
invece, abitualmente, Dsinx=cosx.
Solo in alcuni casi occorre essere assolutamente precisi (per
esempio nello scrivere la derivata della funzione composta o
della funzione inversa). Per le derivate successive si usano
notazioni come D(2),
D(3), ecc.
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Leibniz, che si interessò spesso del problema delle
notazioni, propose un simbolo di derivata completamente
diverso. I simboli Δx e Δy, che
abbiamo usato nell'introduzione, furono introdotti
proprio da Leibniz che scriveva il rapporto incrementale come
Δy/Δx. Poiché poi la
derivata é il limite del rapporto incrementale e,
nelle situazioni comuni, al tendere a zero di
Δx tende a zero anche Δy, egli
indicò questo limite come dy/dx, concependo
dy e dx come quantità infinitamente
piccole, o infinitesime (chiamate
differenziali), e la derivata come un vero e proprio
rapporto di queste quantità, chiamato rapporto
differenziale. Leibniz non riuscì a dare una
definizione formale e soddisfacente di infinitesimo e questo
modo di procedere destò un certo sospetto nei
matematici. L'opera di Cauchy, che portò alla
classica teoria dei limiti, mise a tacere tutti gli
scettici.
In ogni caso il modo di lavorare di Leibniz è molto
adatto a stimolare l'intuizione e spesso porta
rapidamente a risultati che poi possono essere dimostrati in
maniera formale. Per esempio nel caso della funzione
composta, posto y=f(t), t=g(x) e
considerata la y=f(g(x))=h(x), la regola di
derivazione si può scrivere
, esattamente come se si trattasse di
un'operazione algebrica (tra quantità
infinitamente piccole). Nel caso della funzione
inversa, con ovvio significato dei simboli, posto
, la regola di derivazione può essere
scritta
, ancora una volta come
se si facesse un'operazione algebrica. Questo modo di
procedere è esattamente quello che si usa
nell'analisi numerica per calcoli approssimati di
derivate, ed è largamente impiegato in tutte le
applicazioni. Si tratta sostanzialmente della tecnica che
anche noi abbiamo usato per introdurre il concetto di
derivata.
Recentemente a questo modo di procedere è stata anche
data sostanza formale con l'introduzione dei numeri
iperreali, che consentono di trattare rigorosamente gli
infinitesimi e gli infiniti in un modo molto simile a quello
che aveva pensato Leibniz: si tratta della cosiddetta
Analisi non standard.
copyright 2000 et seq. maddalena falanga & luciano battaia
pagina pubblicata il 01/10/2002 - ultimo aggiornamento il
01/09/2003